Vuoi vendere con l’e-commerce all’estero?
Conosci gli adempimenti fiscali per vendere online in EU e nei paesi Extra EU?
In questo articolo scoprirai quali regole devi seguire per vendere i tuoi prodotti tramite internet all'estero a seconda della tipologia di beni, dei paesi di destinazione e del tipo di cliente.
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Vendere all'estero con un e-commerce vuol dire aprire le porte ad una platea di pubblico immensa, anche se ti rivolgi a delle nicchie. Le opportunità ci sono sia nel commercio b2c che in quello b2b, oltre al fatto che - soprattutto per specifiche categorie di prodotto - la percezione della qualità italiana del mondo è molto alta.
A seconda che tu venda nella Comunità Europea o in paesi extra EU, dovrai seguire delle prassi in termini di fatturazione e IVA diverse.
A fare la differenza è anche la tipologia di cliente finale e di bene. Vediamo nel dettaglio quali sono le regole sul commercio online all’estero.
Vendere tramite e-commerce può prevedere la cessione di beni materiali o la cessione di beni immateriali attraverso modalità telematiche. Una volta avvenuto il pagamento, segue l'esecuzione dell’ordine di acquisto. Nell' ecommerce si distinguono in due categorie:
il commercio elettronico diretto: "cessione" elettronica di beni virtuali o di servizi come siti web, file, software, immagini, testi, corsi di formazione informazioni, accesso a banche dati e così via. Ai fini IVA tali operazioni costituiscono prestazioni di servizi;
il commercio elettronico indiretto: cessione "fisica" di beni materiali attraverso la quale si conclude il contratto e si effettua normalmente il pagamento. Il bene viene spedito usando le vie tradizionali. Ai fini IVA tali cessioni si qualificano come cessioni di beni.
Se un ecommerce indiretto b2b vende all'interno della Comunità Europea l’operazione non è rilavante ai fini IVA nel territorio italiano, per cui va emessa una fattura non imponibile ai fini IVA.. Si segue il regime di tassazione dello Stato del committente (colui che acquista il servizio) e l’applicazione dell’IVA avviene mediante autofattura, configurandosi come una cessione intracomunitaria. L’acquirente verserà l’IVA nel proprio Paese, emettendo ed integrando la fattura ricevuta secondo la tecnica del “reverse-charge” (il fornitore emette una fattura con il solo imponibile indicando espressamente in fattura la dicitura "operazione soggetta al reverse charge).
Se invece un ecommerce indiretto b2c all'interno della Comunità Europea si fattura con IVA italiana, rispettando le condizioni sui volumi e applicando eventualmente il regime fiscale dello Stato a cui vende. L’aliquota IVA applicabile infatti è quella del paese in cui vengono svolte le attività di vendita, che va mantenuta però solo fino al raggiungimento delle soglie previste dalla Comunità Europea.
Gli adempimenti da rispettare per vendere in EU sono due:
inclusione nei registri Vies: i soggetti IVA devono essere inclusi nell'archivio Vies (VAT information exchange system). La richiesta può essere effettuata direttamente nella dichiarazione di inizio attività oppure successivamente, inviando un’istanza all'ufficio dell’Agenzia delle Entrate;
invio mensile / trimestrale degli elenchi Intrastat all'agenzia delle dogane: il modello Intrastat è un adempimento in vigore dal 1993 che impone la comunicazione degli elenchi riepilogativi sui dati delle operazioni IVA effettuate all'interno dell’Unione Europea. Questo consente all'Agenzia delle Dogane e all'Agenzia delle Entrate di effettuare una serie di controlli e deve essere presentato da tutti i soggetti passivi IVA che hanno prestato (per Intra1) o acquistato (Intra2) beni e/o servizi fuori dall'Italia ma all'interno dell’Unione Europea. In pratica, tramite questo modello viene inviato alle Dogane l’elenco di tutti gli acquisti e le cessioni di beni e di servizi effettuati in ambito europeo dal contribuente da e verso un fornitore o cliente titolare di partita IVA. La cadenza di questo invio dipende dal volume d’affari:
- invio elenchi mensili: se le cessioni di beni e/o servizi resi sono uguali o maggiori di 50.000 euro nel trimestre di riferimento e/o in uno dei 4 trimestri precedenti;
- invio elenchi trimestrali: se le cessioni di beni e/o servizi resi sono sotto i 50.000 euro.
Nell'e-commerce indiretto B2C le vendite sono assoggettate all'IVA del Paese di residenza dell'acquirente se non sono superate le soglie di fatturato su base annua stabilite dai vari Paesi UE. Al superamento della soglia in uno o più paesi della Comunità Europea sarà necessario identificarsi mediante apertura di partita IVA estera in ogni paese in cui si siano superate le soglie previste. Ad esempio, le soglie in Germania e Francia ammontano a 100.000€ di vendite, mentre si riducono a 35.000€ per Spagna e Austria.
Con un ecommerce il raggio di azione per un’azienda si allarga in maniera esponenziale. Se ti vuoi rivolgere a mercati esteri, puoi raggiungere una platea molto ampia, ma devi seguire delle regole precise. Devi considerare se vendi in Europa o in un paese extra EU, cosa vendi (beni materiali o immateriali) e se ti occupi di vendite al consumatore diretto (b2c) e alle aziende (b2b). Ognuno di questi parametri configura trattamenti fiscali specifici. Basta non farsi cogliere impreparati!
Nel caso di vendite online b2b extra UE si emette fattura senza IVA insieme alla bolletta di esportazione, quindi bisogna presentare la dichiarazione di esportazione alla dogana di partenza e ottenere il visto da quella di arrivo.
Per le vendite B2C in paesi extra UE viene emessa regolare fattura fiscale, esente IVA Ex Art.8. La merce spedita alla dogana sarà soggetta a IVA e dazi del paese di destinazione (a carico del cliente consumatore finale). Una volta effettuato lo sdoganamento e la consegna della merce, sarà necessario registrare i documenti MNR (Movement Reference Number) che attestano l’uscita della merce dal territorio comunitario e pertanto l’assoluzione degli adempimenti IVA e doganali.
Nel caso di reso di merce da parte del cliente estero all'impresa italiana, l'impresa che ha venduto tramite ecommerce deve occuparsi dell’esportazione dal Paese estero quindi del rientro in Italia, dichiarando i beni per l’importazione definitiva, oppure adottando la soluzione del rientro in franchigia doganale di cui all’art. 68, c. 1, lett. d, del Dpr 633/1972.
In quest'ultimo caso l’impresa italiana, ai sensi dell’art. 26, c. 2, Dpr 633/1972, ha la facoltà di:
L’argomento fiscale in ambito e commerce è parecchio complicato e con le nuove normative sono state modificate parecchi parametri e regolamentazioni. Per questo è importante e fondamentale rivolgersi ad un professionista che saprà guidarvi nella direzione corretta per avere informazioni chiare, puntuali e corrette.
Se vuoi iniziare a vendere all'estero e necessiti di supporto per la tua attività online mettiti in contatto con noi!